Sara Jones è una cantautrice romana che si perde, letteralmente e costantemente, ma nel frattempo scopre cose, persone e nuove rotte. Filologa Moderna e appassionata di poesia, organizza Jam Session e Open Mic, tra cui “Brillante – l’Open Mic di casa tua” nello storico locale di Roma, il Pierrot Le Fou al Pigneto.

Sara Jones, benvenuta sulle nostre pagine! Raccontaci un po’ di te, qualcosa che non sia già scritto nelle biografie ufficiali.
Ciao a tutti! Anzitutto, grazie per la disponibilità e per avermi invitata sulle vostre pagine. Già scrivere la biografia è stato complesso, che domanda!
Scrivo da quando ho memoria e oltre ad avere questa passione che mi tiene sveglia (cioè, la musica), sono laureata in Filologia Moderna con una tesi sulla riscoperta del cantautorato italiano degli anni Sessanta, declinato al femminile. La poesia è una grande passione – amo scriverle, oltre che leggerle. Per lo sport non è la stessa cosa, perché non sono costante in niente soprattutto negli impegni con orari definiti, ma amo correre e fuggire al mare appena posso.
Tornando alla musica, organizzo Open Mic e Jam Session per cantautori emergenti come me, al Pierrot Le Fou (zona Pigneto), e due sabato al mese ci divertiamo da pazzi. È un salotto, un luogo di ritrovo, ormai casa. Molte delle persone con cui ho costruito un legame artistico e non, le ho conosciute così: condividendo parole, suonando insieme, bevendo una birra.
Al momento frequento Officina Pasolini con la direzione artistica di Niccolò Fabi e sogno un futuro EP da realizzare in studio.
Secondo la tua esperienza, quanto spazio viene dato alle donne nel panorama musicale italiano?
Bellissima domanda, grazie. Allora, è un argomento complesso e molto discusso nell’ultimo periodo. Credo fermamente che per poter parlare di presente, bisogni tornare un po’ indietro, probabilmente alle origini del termine “cantautore”, che per l’appunto, è stato inventato da una donna (ma forse questa storia è po’ lunga). Ad ogni modo, siamo sempre stati abituati ad associare la parola “cantautore” ad una figura maschile – sbagliando. In Italia, abbiamo avuto numerose autrici donne: Giovanna Marini, Margot Galante Garrone, Maria Monti (etc.) di cui il nostro Paese non ha memoria autoriale.
Da qui sia il lavoro nell’industria musicale che quello del musicista, sono sempre stati “luoghi” per uomini, ma non voglio generalizzare. Piu banalmente, le donne hanno fatto fatica a ritagliarsi uno spazio in quanto cantautrici e non solo interpreti – ora le cose stanno cambiando. La consapevolezza che si sta assumendo nei confronti della nostra professione ha dato il via per una vera e propria rivoluzione. Ad oggi però, ancora, Carmen Consoli è l’unica artista donna ad aver vinto una targa Tenco per il miglior album: “Elettra” nel 2010 (appunto).
Ora parliamo del nuovo singolo “Riopan” e di come nasce la collaborazione con Matteo Gabbianelli (kuTso Noise Home).
Eccoci! Allora, la collaborazione è stata frutto dell’aiuto dei miei editori, i ragazzi di Spaghetti Unplugged, che mi hanno suggerito la collaborazione con Matteo.
Il caso ha voluto che io lo abbia sempre stimato a livello artistico, seguivo i suoi concerti in giro per Roma con i KuTso, quindi, quando è arrivata la proposta sono stata più che felice di collaborare con lui!
Ci siamo trovati, Riopan è nata tantissimi anni fa (non ricordo l’anno in cui l’ho scritta) e fino all’arrivo di Matteo ha abitato un solo vestito: quello in acustico, dal vivo, due chitarre e tanta “caciara”.
Con Matteo abbiamo voluto renderle omaggio, senza snaturarla. Tirando fuori la sua vena malinconica, il suo vestito più nostalgico nonostante l’ironia tagliente.
Cosa fai solitamente prima di salire sul palco? C’è un rito in particolare a cui non puoi proprio rinunciare?
A parte avere un’infinità di ansia??? Tendenzialmente tanto erisimo e un po’ di Tequila, che con la gastrite, ci sta sempre bene!
Nessun rito però, anzi no, uno c’è! Dagli esami dell’università, prima di ogni cosa importante ascolto sempre: “Dancing on my own” di Robyn.
Ora giochiamo: prova ad attribuire un colore alla tua musica.
Senza pensarci troppo: verde-acqua. Ha la speranza del verde e la malinconia del blu, del mare, dei ricordi. È un colore “brillante” ma complesso, duplice – ha sfumature al suo interno.
Donna eclettica e piena di energia: come continuerai a stupire i tuoi ascoltatori dopo questo singolo?
Spero con tanti live, tanta musica dal vivo! Mi è mancata, e appena posso corro a suonare da qualche parte. Mi piacerebbe portarmi in giro in altre città e anche produrre un EP; ho in mente un nome da anni (ci sono tanti brani che stanno stretti nelle note del telefono), quindi è arrivato il momento!
Sara Jones, ti ringrazio per questa chiacchierata. La nostra intervista è giunta al termine, ma l’ultima parola va a te per aggiungere ciò che vuoi. Ciao e a presto!
Grazie ragazzi, spero di sentirci presto! Oddio, che altro aggiungere?
Niente di scontato, ma forse vorrei ricordare a tutti la difficoltà che oggi si ha, che molti di noi hanno, a vivere nella società e di musica allo stesso tempo.
Fare musica, essere un musicista, un cantautore è un atto di coraggio oltre che una scelta di vita ben ponderata. Sembra non esserci spazio per la bellezza e l’impegno, e vorrei che questo fosse considerato un mestiere a tutti gli effetti: anche solo per le ore di prove, di notti passate a scrivere e lavorare, anche solo per il portare la strumentazione da una parte all’altra della città.
Essere musicista o un cantautore è una professione, come tante. Non un lusso, non un hobby, non un gioco. Poi però quando pensiamo all’amore che ci mettiamo, in questo lavoro, il resto passa sempre in secondo piano. E in genere il resto è come veniamo trattati. Ma teniamo duro!
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