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INTERVISTA

Manuela Ventura: “I legami affettivi sono delle connessioni vitali, tirano fuori il meglio di noi”

Manuela si è diplomata all’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” a Roma. Tante le collaborazioni teatrali e cinematografiche fra cui “Il commissario Montalbano”, “Il figlio della luna” con Lunetta Savino. Fa parte del cast del film Anime Nere, vincitore del David di Donatello 2015. È Tina Chinnici a fianco di Sergio Castellitto nel film-tv “Rocco Chinnici, è così lieve il tuo bacio sulla fronte”. E ancora altri film come “Quo vado” con Checco Zalone e di recente uscita “Una boccata d’aria” con Aldo Baglio, regia di Alessio Lauria.

Manuela Ventura, è un vero onore ospitarti sulle pagine di Rifugio Musicale! Rompiamo subito il ghiaccio con un tuo ricordo: racconta ai lettori un episodio imbarazzante accaduto durante la tua carriera artistica!

Ero sul set di un film, stavo per girare una scena in cui ero alla guida di una macchina un po’ vecchiotta, dovevo percorrere un breve tratto e poi fermarmi davanti ad un cancello. Accendo il motore, ingrano la marcia, lascio l’acceleratore e la macchina parte a schizzo, imprevedibilmente, ho visto tutti quelli per strada spostarsi terrorizzati. Ho frenato di botto, mi sono guardata intorno e per almeno tre minuti non ho detto una parola, imbarazzo e paura insieme, poi però, visto il lieto fine, sono scoppiata in una risata liberatoria.

C’è un’immagine di te, in particolare, che ti piace dare al pubblico? Che tipo di rapporto ha Manuela Ventura con i social? E con i fan?

Il rapporto con i social col tempo è cambiato, all’inizio molto più ingenuo, un divertimento condividere post e messaggi, ormai è più complicato, c’è un sistema troppo inacidito a volte, compiaciuto, rischioso addirittura, per cui uso i social per promozione di lavori o alcuni ricordi a cui sono affezionata o per sostenere campagne ed eventi sociali per me importanti. Sono molto contenta di ricevere messaggi da chi, vedendo il mio lavoro, sente di scrivermi qualcosa, è un modo per condividere la propria emotività, e mi sembra una cosa bella, anche io ho un atteggiamento simile quando vedo artisti che mi emozionano, se posso esprimo tutto il mio entusiasmo, sono anche io fan di qualcuno. 

Parlaci ora del tuo film “Primadonna”, al cinema dall’8 marzo: tutto ciò che c’è da sapere e quello che ancora non è stato detto!

Primadonna, il film diretto da Marta Savina, ambientato in Sicilia durante gli anni Sessanta e racconta la storia di Lia (Claudia Gusmano), una ragazza che coltiva la terra insieme al padre nonostante sia “femmina”, cosa per l’epoca poco adatta ad una giovane che magari dovrebbe stare in casa insieme alla madre e dedicarsi alle faccende domestiche. Lia è tenace, vivace e riservata. Lorenzo Musicò, figlio del boss del paese, rimane colpito da lei e vorrebbe che “diventasse sua”. Lia, però, rifiuta le avances, provocando l’ira del giovane che la rapirà con la forza per avere ciò che pensa essere suo possesso.

Quando a Lia viene proposto il matrimonio riparatore, la ragazza va contro queste regole sociali non scritte, si oppone, dice no, rifiutando le nozze e portando sia Lorenzo che i suoi complici in tribunale.

Primadonna è un film intenso proprio perché diretto, è potente grazie alla sua semplicità, parla genuino, e c’è amore, per sé e per gli altri. I personaggi che si muovono insieme a Lia fanno questo di importante: la riconoscono, le danno fiducia, credono nelle sue decisioni, sanno comprenderne il dolore, e la sostengono nell’affrontare una immensa sofferenza che si può superare solo con la ferma convinzione da parte di tutti di ribellarsi alla crudeltà del pregiudizio e alla mortificazione della propria persona. Il film ha uno sguardo aperto, schietto come quello della protagonista e anche emotivo e profondo come viene fuori dai legami tra i personaggi. È uno sguardo che ci invita a guardare al domani, a desiderare, come ogni ragazza di ogni epoca vorrebbe, come ogni individuo meriterebbe, di non essere vittima di ingiustizie, di poter immaginare un mondo migliore e di trovare il proprio posto in questo mondo.

Cosa ti ha colpito del ruolo da protagonista che hai interpretato? E com’è stato lavorare con Marta Savina?

Interpreto il ruolo di Sara Crimi, la madre di Lia. È una donna che appare inizialmente condizionata dal pensiero comune, dal vociare della gente, dallo sguardo degli altri. Sara è riservata, si occupa della casa e vorrebbe che la figlia facesse altrettanto. Vive con preoccupazione questa caparbietà di Lia, si irrigidisce nei suoi confronti. Ma dopo riesce a sorprenderci, trova in sé e grazie anche all’esempio della figlia, la capacità di cambiare. Mi piacciono molto i personaggi che hanno delle profonde evoluzioni durante il racconto, riuscire a cambiare, anche piccole cose di sé e della propria vita, è una dote, per niente scontata, e può diventare un atto di grande generosità per sé stessi e per gli altri.

Marta Savina è una regista che lavora molto sull’ascolto e l’osservazione degli attori. C’è stata la possibilità di costruire man mano le relazioni tra personaggi, di fare nascere le scene anche attraverso le improvvisazioni, di lasciare uno spazio di scoperta anche sul set, questo ha dato a tutti noi la possibilità di sorprenderci nel fare scelte anche non previste in precedenza. Questo modo di lavorare rende il tutto più vivo ed emozionante. È stato davvero un incontro molto importante per me.

Ancora oggi il corpo delle donne è ricoperto di pregiudizi, stigmatizzazioni e significati che ostacolano la ricerca della felicità. Da Donna e Artista sensibile, cosa significa per te essere felice?

 La domanda è ardua e tale anche la risposta. Non so, certo la nostra felicità deve risiedere in un luogo profondo, ancorata al nostro mondo più intimo, e possibilmente non dipendere da fattori esterni, che possono certo modificare uno stato d’animo o impaurirci, condizionare la percezione di come va la nostra vita. Quindi è importante il modo in cui ci si approccia alla vita. È fatta di sfide, di momenti meravigliosi, di periodi difficili e noiosi però il tentativo dovrebbe essere quello di trovare nel nostro organismo anima/corpo un sistema immunitario fatto di noi, di come ci sentiamo, della nostra natura profonda, piccole cose, piccole gioie, emozioni, fantasie, fatto anche di rapporti umani veri e belli. Cercare dunque di riconoscersi per quello che siamo può essere un elemento di felicità. L’altra immagine che associo alla felicità è la natura, è tra le dimensioni che mi permettono di sentire, di stare, di ascoltare, di aprirmi, e questo è un leggero soffio di felicità.

Ora parliamo di tempo. Se fosse possibile e avessi a disposizione una macchina del tempo, torneresti nel passato o precipiteresti nel futuro?

Se avessi una macchina del tempo (che non mi faccia lo scherzetto di quella di cui ho raccontato prima!), ne approfitterei alla grande, non farei che gironzolare attorno al tempo avanti e indietro, sbircerei un po’ nel passato e poi mi immergerei nel futuro perché ho una grande curiosità. Poi la macchina la posteggerei sotto casa e comincerei a raccontare il futuro ai miei figli con un “Ci sarà una volta…” e a fantasticare con loro dei mille modi possibili.

Sempre a proposito di futuro, quali saranno i tuoi prossimi passi?

Sarò a teatro con lo spettacolo “La Scattiata” di Silvana Grasso, regia di Salvo Piro, inscena Manuela ventura e Franco Mirabella. Successivamente inizieranno le riprese di una nuova serie televisiva per Rai 1.

Manuela Ventura, ti ringrazio per questa piacevole chiacchierata. La nostra intervista è giunta al termine, a presto!

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