Anticipato dal singolo e videoclip Il Risveglio, è uscito per Stazione Musica Records, FASI, il primo album del cantautore civitavecchiese Luca Carrubba. Luca è un cantautore emergente classe 98’, anima votata alla sensibilità e alla poesia, giovane dardo infuocato lanciato contro l’obiettivo di sempre: far conoscere la sua musica a più persone possibili. La musica, nella famiglia di Luca, ha costantemente nel tempo rivestito un ruolo importantissimo e affonda le radici nelle tradizioni familiari, imprimendo ritmo e armonia agli anni che lo vedono trasformarsi in un giovane uomo. Trasparente e generoso, nei suoi live riesce immancabilmente a conquistare il pubblico con la struggente innocenza di chi si esibisce per rispondere ad un’urgenza espressiva, veicolata dalla magia della sua voce: il suo timbro scalda e graffia, si attorciglia al cuore di chi ascolta e lo stringe forte.

Luca Carrubba, benvenuto su Rifugio Musicale! Rompiamo subito il ghiaccio: racconta ai nostri lettori un aneddoto divertente accaduto durante il tuo percorso artistico!
Ciao a tutti, un saluto ai lettori di Rifugio Musicale. Un aneddoto divertente penso di averlo vissuto i primi anni d’avviamento di questo progetto. Faccio parte di una provincia dove non cambia quasi mai nulla, appena ci sono notizie nuove è sulla bocca di tutti, e sentii vociferare che si era aperta una piccola etichetta discografica. Allora totalmente inesperto, ma pieno di speranze, mi incontrai con il produttore suonandogli delle cose che erano lontane anni luce da canzoni. Ovviamente fui respinto, quello che scrivevo non era così interessante all’epoca, o comunque non ancora maturo e, mi consigliò di studiare e fare molta pratica con la chitarra e con la scrittura e di tornare una volta pronto. Inizialmente pensai che fosse stata una pessima idea, ero imbarazzato, in completa paranoia. Ma solo un anno dopo ho iniziato a lavorare a stretto contatto con quello stesso produttore. Buona parte della mia crescita musicale è stata permessa da suoi consigli e accorgimenti.
Oggi abbiamo pubblicato “Fasi” insieme. Siamo passati da un elegante e nascosto “Sei pessimo, studia!” ad un “okay, ci si può lavorare”.
Parlaci del tuo progetto: quando hai capito di voler intraprendere un progetto cantautorale solista? Quali sono state le motivazioni che ti hanno spinto a farlo?
Credo intorno ai 18 anni più o meno. Negli anni precedenti ero in un gruppo, suonavamo qualche vecchio Blues. Ero molto acerbo e immaturo musicalmente, ma fu la prima volta in cui toccai con mano concetti molto sofferenti espressi in musica. Rimasi innamorato ad esempio della voce sofferente e angosciante di Screamin Jay Hawkins urlata a disperazione. Finita questa esperienza ho cercato di perdermi un po’ tra altri generi, artisti. Penso che tutte le esperienze, quelle buone, ma soprattutto quelle cattive, mi abbiano dato sempre più coraggio e voglia di esprimermi, scrivere e cantare davanti a qualcuno.
Qual è, secondo te, il ruolo del cantautore oggi? E tu, quanto ti senti parte dell’attuale panorama musicale di tendenza?
Premesso che ogni penna viene mossa da esigenze e idee diverse, credo che il ruolo del cantautore sia un po’ quello dell’artista in generale: far riflettere, emozionare, essere un tramite per strappare via le persone dalla realtà. Personalmente ho avuto qualche piccolo disagio nell’approcciarmi alla società. Credo che ognuno di noi a modo proprio cerca di alzarsi le maniche e migliorare la situazione per tramandare qualcosa di migliore al futuro. A chi verrà dopo. Io non mi sento molto vicino alle tendenze musicali di oggi, alcuni generi sono sempre sopravvissuti al tempo e alle generazioni. “Fasi” è un disco molto libero ha le sue durate, ha un concept preciso, ogni brano si congiunge all’altro e ha una storia da raccontare, al di là delle mode penso che a qualche ascoltatore potrebbe piacere ascoltarlo.
Parliamo ora del tuo EP “Fasi”. Cosa rappresenta per te e c’è un brano a cui sei particolarmente legato? Perché?
“Fasi” rappresenta per me un cambio stilistico netto, da tempo ricercato. Penso che la musica sia una sorta di amplificazione dell’essere. Lungo questi anni mi ha sensibilizzato molto di più di quanto già non lo ero. Desideravo avidamente l’uscita di questo Ep.
Amo tutti e quattro i brani contenuti in “Fasi”. Per ogni brano potrei elencare delle cose che mi emozionano, ma credo di avere un legame speciale con “Buonanotte Italia”. Quel brano ha un’intimità diversa, mi porta la mente altrove.
Facendo riferimento alla tua esperienza, quanto reputi difficile entrare a far parte del mercato discografico italiano?
Sento dire spesso che è molto difficile e credo a questa affermazione. Ci sono un’infinità di band e cantautori che cercano disperatamente di entrare nel giro e trasformarlo in lavoro. Credo che sia difficile, ma prima o poi ognuno di noi si troverà nel posto giusto, al momento giusto, magari con qualche buona canzone in tasca!
Qual è la più grande paura di Luca Carrubba? E come ti vedi tra venti anni?
Se devo pensare a qualcosa di spaventoso, mi viene in mente una vita lunga, qualunquistica e totalmente priva di ogni tipo d’emozione. Ho paura di perdere questo brivido. Avere la fortuna di stare a contatto ogni giorno con la musica, con altri ragazzi e ragazze nel genere è una cosa che ti fa crescere spiritualmente, non è solo un lavoro questo. Impari che se devi vivere o amare lo fai al massimo, fino alla dannazione, lo ricerchi nei meandri più nascosti dell’inferno se serve.
Amo vivere così, e ho paura di perdere questo negli anni. Spero per questo, che la musica sia con me.
In futuro, con chi ti piacerebbe condividere il palco? C’è un artista con cui ti piacerebbe collaborare?
La maggior parte degli artisti che venero come fossero Dei, sono morti purtroppo. Nell’attuale una penna che stimo tantissimo e riesce ad emozionarmi sempre, è quella di Nicolò Fabi oppure Brunori Sas. Penso che sarebbe un’esperienza altamente emotiva e di crescita condividere il palco con artisti del genere.
Luca, la nostra intervista è giunta al termine, vuoi aggiungere qualcosa?
Ringrazio per la possibilità che mi date, per raccontarmi e raccontare “Fasi”.
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